Publié le 23 septembre 2021
Découvrez ci-dessous l’homélie de Mgr Emmanuel Gobilliard, prononcée lors de la rencontre internationale d’athlétisme co-organisée par la cité du Vatican et la fédération italienne d’athlétisme “We run together” mardi 21 septembre 2021 à Rome. Ci-dessous le texte en italien, suivi du texte en français.
Omelia
Carissimi fratelli e sorelle, come ho detto all’inizio della celebrazione, vi invito a partecipare ad una grande corsa, una corsa che è stata inaugurata dagli apostoli e dai discepoli, da Pietro e Giovanni che corrono verso il sepolcro, dalla Maddalena e dai discepoli di Emmaus, che tra l’altro hanno fatto il doppio del percorso, perché avevano iniziato la partenza nel senso sbagliato. A questa corsa tutta l’umanità è invitata, piccoli e grandi, bambini e adulti, giovani e meno giovani, anche quelli che pensano a torto di essere squalificati. È la corsa che ci conduce a Cristo risorto. Ogni modo di correre sarà diverso, come ogni percorso, ma tutti hanno esattamente le stesse possibilità di arrivare al traguardo, perché non posso immaginare neanche un secondo che il nostro Dio, che è amore, non possa dare ad ognuno la stessa possibilità di raggiungerlo. Se ti credi troppo lontano da Dio, se ti credi troppo malvagio o troppo indegno, se sei tentato dallo scoraggiamento, non avere paura! Colui che ti aspetta non si stancherà mai, terrà sempre le braccia aperte per accoglierti, come le teneva il padre con il figliol prodigo. In ogni donna, in ogni uomo, qualunque sia la sua origine, la sua storia, la sua religione, i suoi modi di pensare, le sue ferite o le sue debolezze, qualunque sia anche il suo peccato, c’è ancora e sempre la possibilità di raggiungere Gesù, volto di Dio amato. C’è ancora, anche se uno non ci crede più, la possibilità della felicità, la possibilità della santità. D’altronde, in questa corsa, tutti, senza eccezione, fuorché la Madonna nostra Madre, tutti hanno iniziato con il piede sbagliato, o si sono smarriti per strada: Matteo, Pietro, Maria Maddalena, i discepoli di Emmaus. Però li troviamo tutti sul traguardo. Che immensa fonte di speranza! Sono arrivati perché hanno messo i loro piedi nelle orme di colui che per primo ci ha indicato la strada. Gesù è il più grande sportivo di tutti i tempi, che continua instancabilmente e misteriosamente a partecipare a questa gara. Quanti chilometri ha percorso nel Vangelo per raggiungere Matteo al tavolo dei peccatori, Zaccheo e la Samaritana, il centurione romano, la donna sirofenicia, Pietro sulla strada che aveva preso per fuggire lontano dal Maestro! Quanti chilometri Gesù continua a percorrere in tutti questi testimoni dell’amore che proseguono la corsa nel suo nome, e portano la sua parola e il suo amore. Lo sport deve sempre ricordarci questa corsa fondamentale, questa corsa della carità! Solo la carità rimarrà. Ci sono davvero numerosi punti in comune tra la vita spirituale e lo sport, tra la corsa verso la santità e tutte le nostre gare sportive. Nello sport, abbiamo bisogno gli uni degli altri, abbiamo bisogno di ascoltare, abbiamo bisogno di un allenatore che ci guidi e corregga, di tifosi che ci sostengono. Nello sport non possiamo mentire senza rischiare la squalifica. Nella vita, ci sono tanti luoghi di menzogne, tanti luoghi dove mi invento un personaggio, dove mi invento una storia. I social ne sono a volte il riflesso. Nello sport non posso mentire. A chi potrei far credere che sono campione di salto in lungo senza essere ridicolizzato. Nello sport ognuno può trovare il suo posto. Anche quelli che la vita ha ferito hanno il loro posto. Ringraziamo i disabili che si impegnano nello sport, per la loro testimonianza, per il loro coraggio! Grazie perché ci ricordate che tutto è ancora possibile. Lo sport mi obbliga a tenere conto dei miei limiti, non solo per arrivare in fondo, ma soprattutto per farne delle risorse, dei punti di forza. Nello sport sono obbligato a considerare il mio avversario e ciò che è. Mi devo adattare. Lo devo considerare, certo, come avversario, ma mai come nemico. Altrimenti sono sicuro di perdere, di prendere un cartellino rosso o di dimenticare la meta. Nello sport la squadra è più importante dell’individuo, ma la squadra deve tener conto di ogni individuo, di ogni differenza come una risorsa. Nello sport tutti possono trovare il loro posto, i bambini che giocano a calcio nelle bidonville di Bombay o i detenuti del carcere di Roma o le religiose nel loro monastero. Anche quelli, come Churchill che proclamano « no sport », sono invitati negli stadi o davanti agli schermi a partecipare alla sfide degli altri, e a vivere la vittoria come se fosse loro. La vittoria di uno solo diventa la vittoria di tutti. Nella vita spirituale, è la stessa cosa, la vittoria di uno solo, Gesù, è diventata la vittoria di tutti.
Grazie al Santo Padre, Papa Francesco, per aver permesso la creazione dell’Athletica Vaticana! Grazie a Gianpaolo e a tutta la sua squadra che ne garantisce il buon funzionamento! Grazie alla federazione italiana, al comitato Regionale Lazio, alla Guardia di finanza, alle Fiamme gialle! Queste iniziative sono importanti, il fatto che la Chiesa ci sia, che partecipi all’organizzazione è molto importante, anche solo perché dobbiamo mantenere il contatto con la gente. Oggi lo sport ha conquistato nella nostra società un posto importante. Alcuni ne sono felici, altri meno. Non importa! Dobbiamo essere là dove sono le persone, e amarle al seguito di Gesù, perché, come dice il Concilio Vaticano II: « Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore. » (Concilio Vaticano II, Gaudium et Spes 1). Dobbiamo ascoltare questa passione che la gente ha per lo sport. Forse trova un luogo di realizzazione personale o semplicemente di distensione, un luogo di incontro o un luogo per evadere dal quotidiano. Forse la gente si rivolge allo sport perché ha perso la fiducia nelle altre istituzioni e anche nella Chiesa. Non importa, dobbiamo essere accanto alla gente, perché Gesù non ha mai smesso di raggiungere queste periferie esistenziali, perché ha percorso il territorio di Tiro e Sidone, e la decapoli con la varietà delle sue diverse culture, perché ha osato entrare nella casa di Matteo e posare lo sguardo su di lui. Oggi Gesù fissa lo sguardo su ognuno di noi, su tutti quelli che praticano uno sport, a qualsiasi livello, su tutti quelli che amano guardarlo e parlarne, su di noi tutti per dirci: anche tu sei invitato, invitata, anche tu sei importante! Beati gli invitati alla corsa del Signore, beati gli invitati alla cena del Signore, ecco l’Agnello di Dio, ecco il grande vincitore nel quale abbiamo vinto tutti la nostra dignità, la nostra vita, che nessuno ci toglierà perché l’ha riscattata fino all’ultima goccia del suo sudore, fino all’ultima goccia del suo Sangue. Ha già conquistato la vittoria e ce ne ha reso partecipi, allora sediamoci a tavola con lui! È un po’ il nostro « terzo tempo »! In ogni caso Gesù riunisce tutti, nella gioia, nella fraternità, nella speranza della salvezza.
Per concludere vorrei citare Papa Francesco che, nonostante le critiche e le opposizioni, nonostante la difficoltà della missione che il Signore gli ha affidato, e nonostante la sua anca che lo fa soffrire, continua la corsa. Ecco ciò che ha detto agli atleti olimpici, alcuni sono qui presenti tra di noi:
“Quando vi osservo, con una certa ammirazione per quello che riuscite a fare, penso che lo sport più che costruire una personalità, la riveli. Arrivate alle Olimpiadi ciascuno con la propria storia, la propria strada, i propri incontri: è il vostro tutto umano, prima che atletico. E, nella vostra unicità, dite chi siete, da dove arrivate, fino a dove siete riusciti a spingervi. Ecco perché potrai anche accettare la sconfitta, ma sono convinto che non accetteresti mai, da te stesso, di rinunciare a provarci. È una delle leggi più preziose dell’età della giovinezza: ogni ora perduta oggi è un pezzo d’infelicità domani. Sogna, dunque: esplora, migliora il tuo limite, sfida l’avversario. Fallo con stile, però, senza perdere il senso della misura, offrendo il meglio del tuo cuore prima ancora del tuo fisico”.
(Osservatore Romano, 5 giugno 2021)
Sì Signore Gesù, vogliamo offrirti il nostro cuore, perché tu ci dia il tuo, perché tu ci dia la forza di rialzarci, di proseguire la corsa, la forza di amare, di amare ancora, di amare sempre, nonostante le nostre debolezze, nonostante le nostre cadute, nonostante le nostre sconfitte. Dacci la forza di amarti e di amare i nostri fratelli e anche i nostri avversari, nello sport, nella vita. Amen
+Emmanuel Gobilliard
Homélie
Chers frères et sœurs, comme je l’ai dit au début de la célébration, je vous invite à participer à une grande course, une course qui a été inaugurée par les apôtres et les disciples, par Pierre et Jean courant vers le tombeau, par Marie Madeleine et les disciples d’Emmaüs, qui, au passage ont fait le double du trajet, parce qu’ils avaient pris le départ dans le mauvais sens. A cette course, toute l’humanité est invitée, les petits comme les grands, les enfants comme les adultes, les jeunes comme les plus âgés, et même ceux qui se croient, à tort, disqualifiés. C’est la course qui nous mène jusqu’au Christ ressuscité. Chaque façon de courir sera différente, chaque trajet aussi, mais tous ont exactement les mêmes chances d’arriver au but, parce que je ne peux pas imaginer une seule seconde que notre Dieu, qui est amour, puisse ne pas donner à chacun exactement la même chance de le rejoindre. Si tu te crois trop loin de Dieu, si tu te crois trop mauvais ou trop indigne, si tu es tenté par le découragement, n’aie pas peur, celui qui t’attend ne se lassera jamais, il gardera éternellement, comme le père de l’enfant prodigue, les bras grands ouverts pour t’accueillir. En toute femme, en toute homme, quelle que soit son origine, son histoire, sa religion, ses orientations, ses blessures ou ses faiblesses, quel que soit son péché aussi, il y a encore et toujours la possibilité de rejoindre Jésus, le visage bien aimé de Dieu, il y a encore, même s’il n’y croit plus lui-même, la possibilité du bonheur, la possibilité de la sainteté. D’ailleurs dans cette course, tous, sans exception, sauf notre mère Marie, tous ont pris un mauvais départ, ou se sont égarés en route : Matthieu, comme Pierre, Marie Madeleine comme les disciples d’Emmaüs. Ils sont pourtant tous sur la ligne d’arrivée. Quelle immense source d’espérance. Ils sont arrivés parce qu’ils ont mis leurs pieds dans les traces de celui qui le premier nous a montré la route. Le plus grand sportif de tous les temps, qui continue inlassablement et mystérieusement à participer à cette compétition, c’est Jésus. Combien de kilomètres a-t-il parcourus dans l’Evangile pour rejoindre Matthieu à la table des pécheurs, Zachée et la Samaritaine, le centurion romain et la Syrophénicienne, pour rejoindre Pierre sur la route qu’il avait prise pour le fuir ? Combien de kilomètres continue-t-il à parcourir en tous ces témoins de l’amour qui poursuivent la course en son nom, et portent sa parole et son amour. Le sport doit toujours nous rappeler cette course fondamentale, cette course de la charité. Seule la charité demeurera. Il y a vraiment de nombreux points communs entre la vie spirituelle et le sport, entre la course vers la sainteté et toutes nos compétitions sportives. Dans le sport nous avons besoin les uns des autres, nous avons besoin d’écouter, nous avons besoin d’un entraineur pour nous guider et nous corriger, de supporters pour nous motiver. Dans le sport, on ne peut pas mentir sans risquer d’être disqualifié. Dans la vie, il y a beaucoup de lieux de mensonges, de lieux où je m’invente un personnage, où je m’invente une histoire. Les réseaux sociaux en sont parfois le reflet. Dans le sport je ne peux pas mentir. A qui pourrais-je faire croire que je suis champion de saut en longueur sans être ridiculisé. Dans le sport, pourtant, tout le monde peut trouver sa place, et même ceux que la vie a meurtri y ont leur place. Merci à ceux qui s’engagent dans le handisport, pour leur témoignage, pour leur courage, merci à eux de nous rappeler que tout est encore possible. Dans le sport, je suis obligé de prendre en compte mes faiblesses, non seulement pour arriver au bout, mais surtout pour en faire des atouts, des forces. Dans le sport je suis obligé de considérer mon adversaire et ce qu’il est. Je dois m’adapter. Je dois d’ailleurs le considérer, certes comme un adversaire, mais jamais comme un ennemi. Sinon, je suis sûr de perdre, de prendre un carton rouge ou d’oublier le but. Dans le sport, l’équipe est plus importante que l’individu, mais l’équipe doit tenir compte de chaque individu, de chaque différence pour en faire un atout. Dans le sport, tout le monde peut trouver une place, depuis les gamins qui jouent au football dans les faubourgs de Bombay en passant par les prisonniers de la prison de Rome ou les religieuses dans leur monastère. Même ceux qui, comme Churchill proclament « no sport », sont invités dans les stades ou devant leurs écrans à participer au combat des autres, et à vivre la victoire comme si c’était la leur. La victoire d’un seul devient la victoire de tous. Dans la vie spirituelle, c’est pareil, la victoire d’un seul, Jésus, est devenue la victoire de tous.
Merci au saint Père, le pape François, d’avoir permis la création de l’athletica Vaticana, merci à Gianpaolo et à toute son équipe d’en assurer le fonctionnement, merci à la fédération italienne, au comitato Regionale Lazio, à la guarda di Finanza, aux Fiamme Gialle. Ces initiatives sont importantes, le fait que l’Eglise soit là, qu’elle participe à l’organisation est très important, ne serait-ce que parce que nous devons rester au contact avec les gens. Aujourd’hui le sport a pris dans notre société une importance considérable. Certains en sont heureux, d’autres le regrettent. Qu’importe ! Nous devons être là où sont les gens, et les aimer à la suite de Jésus, parce que, comme le dit le concile Vatican II : « Les joies et les espoirs, les tristesses et les angoisses des hommes de ce temps, des pauvres surtout et de tous ceux qui souffrent, sont aussi les joies et les espoirs, les tristesses et les angoisses des disciples du Christ, et il n’est rien de vraiment humain qui ne trouve écho dans leur cœur (Concile Vatican II, Gaudium et Spes 1)». Nous devons écouter cette passion que les gens ont pour le sport. Peut-être y trouvent-ils un lieu d’épanouissement ou simplement de détende, un lieu de rencontre ou un lieu pour s’évader de leur quotidien. Peut-être le rejoignent-ils parce qu’ils ont perdu confiance dans les autres institutions et même dans l’Eglise. Qu’importe, nous devons être à leurs côtés, parce que Jésus n’a cessé de rejoindre ces périphéries existentielles, parce qu’il a parcouru le territoire de Tyr et de Sidon, et la décapole avec son foisonnement de cultures différentes, parce qu’il a osé entrer dans cette maison de Matthieu et poser son regard sur lui. Aujourd’hui il pose son regard sur chacun de nous, sur chacun de ceux qui pratiquent un sport, quel que soit leur niveau, sur chacun de ceux qui aiment le regarder et en parler, sur nous tous pour nous dire : toi aussi tu es invité, toi aussi tu es important. Heureux les invités à la course du Seigneur, heureux les invités au repas du Seigneur, voici l’agneau de Dieu, voici le grand vainqueur en qui nous avons tous gagné notre dignité, notre vie, que personne ne nous ravira parce qu’il l’a rachetée jusqu’à la dernière goutte de sa sueur, jusqu’à la dernière goutte de son sang. Il a déjà remporté la victoire et il nous y fait participer, alors prenons place à sa table ! C’est un peu notre troisième mi-temps ! En tout cas, elle rassemble tout le monde, dans la joie, dans la fraternité, dans l’espérance du salut.
Pour terminer je voudrais citer le pape François qui malgré les critiques et les oppositions, malgré la difficulté de la mission que le Seigneur lui a confiée, et malgré sa hanche qui le fait souffrir, continue de poursuivre la course. Voici ce qu’il a dit aux athlètes olympiques dont certains sont présents parmi nous :
« Quand je vous observe, avec une certaine admiration pour ce que vous réussissez à faire, je pense que le sport, plus de construire une personnalité, révèle une personnalité. Vous arrivez chacun aux Olympiades avec votre histoire, votre chemin, vos rencontres : c’est votre globalité humaine, avant même d’être athlétique. Et, dans votre unicité, vous dites qui vous êtes, d’où vous arrivez, jusqu’où vous êtes parvenus à vous pousser. Voilà pourquoi tu pourras aussi accepter la défaite, mais je suis convaincu que tu n’accepterais jamais, de toi-même, de renoncer à essayer. C’est l’une des lois les plus précieuses de l’âge de la jeunesse : chaque heure perdue aujourd’hui est un morceau de malheur demain. Rêve, donc : explore, repousse ta limite, défie l’adversaire. Fais-le avec style, mais sans perdre le sens de la mesure, en offrant le meilleur de ton cœur avant même ton physique. »
Oui Seigneur Jésus, nous voulons t’offrir notre cœur, pour que tu nous donnes le tien, pour que tu nous donnes la force de nous relever, de poursuivre la course, la force d’aimer, d’aimer encore, d’aimer toujours, malgré nos faiblesses, malgré nos chutes, malgré nos défaites. Donne-nous la force de t’aimer et d’aimer nos frères, et même nos adversaires, dans le sport, dans la vie. Amen
+Emmanuel Gobilliard